La rivincita di Inzaghi, la consacrazione di Lautaro: così l'Inter volò ad Instanbul

Una notte che i tifosi nerazzurri non dimenticheranno troppo agevolmente. Notte storica, forse la più brillante dell'ultimo decennio post Triplete di mourinhana memoria. Una doppia notte che ha visto l'Inter colpire, domare ed a tratti dominare un Milan troppo giovane, forse per queste latitudini, nonostante si chiami AC Milan. Un'Inter che aspettava questa rivincita da 20 anni, dalla semifinale di Champions del 2003. 3-0 di aggregate complessivo e biglietto verso Instanbul, utopia non solo 10 mesi fa (ai tempi in cui il sorteggio di Nyon proiettava i nerazzurri nel girone con Barcellona e Bayern), ma pur due mesi fa, tempi d'Oporto, prima dei quarti col Benfica e delle semifinali proprio coi rivali concittadini, i rossoneri. 4 derby vinto in un 2023, a livello milanese, tutto nerazzurro: prima il 3-0 netto in Supercoppa, poi la zuccata di Lautaro in campionato, poi il doppio confronto vinto e convinto nelle terre storiche dell'immensa tradizione rossonera, la Champions League. A dispetto di un 2022 tutto milanista, tra derby di ritorno, Giroud e straordinario e sorprendente Scudetto, senza citare il primo derby stagionale dove il buon vecchio Olivier riuscì a girarsi e timbrare ancora una volta la porta nerazzurra. 

LA RIVINCITA DI SIMONE In due mesi è cambiato tutto. Dalle undici sconfitte in campionato, un quarto posto persino in discussione, un'InzaghiOut spopolante sui social. Tecnico completamente sulla graticola, per colpa di una classifica inevitabilmente al di sotto delle aspettative, troppo distante dal Napoli Campione nonostante una rosa, quantomeno sulla carta, tra le due additate come le più attrezzate per vincere il campionato e riscattare l'amaro finale della passata stagione. Ma Inzaghi ha silenziosamente, con la cultura del talento e del lavoro, che ne hanno fatto uno dei tecnici emergenti di maggior successo dell'ultimo decennio di massima serie, saputo ribaltare contesto, entusiasmo, sogni e desideri del popolo nerazzurro. Adesso una finale di Champions, una finale di Coppa Italia, un piazzamento tra le prime 4 in Serie A di fatto già ipotecato con una striscia che ha sbaragliato concorrenza di Milan, Roma e Atalanta. Il cammino nelle finali nazionali e negli scontri diretti internazionali è di massimo livello. E questo è ineluttabile. Una sua caratteristica, un tratto distintivo che ha già marchiato in maniera brillante la sua carriera. Se lo merita: pacato, educato, signore vero. Inzaghi possiede nettamente una dimestichezza ed elasticità mentale nettamente superiore a certi dogmi contiani ed Antonio Conte stesso, che lo rende un tecnico dal punto di vista prettamente continentale più affine alle competizioni europee. E qui non si parla competizioni qualunque, ma di Uefa Champions League. Il traguardo raggiunto è storico: negli ultimi 10 anni c'è riuscito soltanto dimestichezza Max Allegri, ai tempi guida tecnica però di una squadra egemonica nel nostro paese, la Juve dei nove trionfi domestici consecutivi. Comunque vada, risultato straordinario. 

CONSACRAZIOE DEL TORO E stavolta è giusto che le copertine le prenda anche un Campione del Mondo, Lautaro Martinez. El Toro, annata da sogno: vittorioso in Qatar (seppur non da protagonista, vista la serie di infortuni che hanno martoriato la sua caviglia), già 20 gol in campionato. Oggi per sua stessa ammissione ragiona di più, calibra di più. Tra colpi e movimenti. Chiunque sia il suo duttile compagno di reparto, tra l'eterno Dzeko o Lukaku stesso. E per quanto in queste sedi è stato giusto celebrar la grandezza dell'eterno Edin, giusto post semifinale concedere omaggio e tributo a chi, con l'imminente addio di Skriniar, s'è saputo prendere Inter e la sua gente sulle spalle, come mostra l'immagine iconografica del pezzo stesso: un'istantanea che meglio non potrebbe descrivere, lui da capitano, come Toro s'è saputo prender la sua gente. Ormai idolo della folla interista. Che col suo carattere si sposa, senza parlar nemmeno della sua carta d'identità, argentina come DNA intrinsecamente storico nerazzurro. Trascinatore vero, tra le punte più duttili del calcio moderno, contemporaneo. Merita tutte queste copertine, eccome.