C'è e sussiste un genio nel calcio italiano dell'ultimo ventennio. E si chiama Luciano Spalletti. Qualcuno che centellina e scandisce intuizioni e trovate rivoluzionarie in un calcio storicamente glorioso ma pur sempre conservatore, come quello italiano. E lo fa almeno da 20 anni. Qualcuno dalla stampa additato come eterno secondo e per nulla vincente quando, nonostante doppia Coppa Italia e Supercoppa nella sua Roma 1.0, per anni ha proiettato creature da quinto posto al secondo o un'Udinese da metà classifica al quarto ormai nel remoto, pensate, 2005, in una Serie A ante Calciopoli ancora tempi NBA, con stellare qualificazione in Champions League. E prima o poi il tempo gli doveva esser galantuomo, anche a qualcuno che per vincere il campionato, destinato da sempre, doveva inventarsi qualcosa con creature da quarto/quinto posto.
RUDI E così è stato. Premessa d'ode eterna spallettiana assolutamente necessaria per spiegare la stagione del Napoli 23/24. Aurelio De Laurentiis è un visionario: è uno che in 20 anni ha portato il Napoli dal fallimento e la C1 a tanti anni di Champions e Scudetto, qualcosa di straordinario. E' chiaro che qualcosina quest'anno poteva anche sbagliare. Il ciclo Giuntoli era finito: se ti abbandona anche Spalletti, diventava un'annata complicata. E si sapeva. Perché Spalletti ha overprodotto con una rosa da Champions, sì, ma probabilmente non da Scudetto. E dunque, nonostante la partenza di Giuntoli, la rosa è comunque rimasta la stessa. Ma tra Luciano e Rudi ci passa un Oceano. Soprattutto, tra l'altro, perché Rudi non fa la stessa preparazione. Correre, sembrerà un concetto superato tra i mille intenditori di calcio eterno, di permettere anche a chi produce male di poter comunque arrivar prima sulle seconde palle, anche senza brillare. Vincere duelli e rimpalli, pur senza grammatica. Al Napoli di Garcia è mancato tutto questo.
DA WALTER A CALZONA Per questo l'avvento di Mazzarri, traghettatore esperto e riesumato dalla dolcissima pensione di una costiera Maremma chiamata San Vincenzo, condottiero navigato che conosce eccome l'ambiente azzurro, riesumato dopo anni post Torino e Cagliari, ha dovuto necessariamente significare richiamo della preparazione. E nonostante non fosse partita bene, con un disastroso dicembre, da gennaio la squadra aveva ripreso ritmo e cominciato a rifar punti, nonostante assenza di Osimhen, sfruttando la nuova verve di qualche nuovo acquisto che ha portato freschezza e ritmi differenti. Ma non è bastato: l'assenza di Victor ha pesato, le scelte su senatori che non rispondevano più pure, squadra inerme, immobile, decrepita. E così l'ennesima decisione, l'ennesima scelta, l'ennesimo cambio. Mai nessuno nel calcio italiano moderno e contemporaneo, da campione in carica, aveva fatto peggio. L'ennesimo cambio, la scelta di un vecchio semplice assistente di Castel Volturno, un altro che conosce l'ambiente e chissà che più che risultati sperati non possa almeno concedere ai campioni d'Italia un finale di stagione dignitoso: Calzona.
(Foto Profilo Ufficiale SSC Napoli Facebook)