Esclusiva Bocalon, Mourinho e gavetta fino al Pordenone: "Ho trovato una grande famiglia"

intervista realizzata da Gabriele Siri

Vivere di calcio è quello che sogna ogni bambino, ma solo con dedizione e duro lavoro si può raggiungere questo traguardo. E’ la storia di Riccardo Bocalon, oggi attaccante del Pordenone in prestito dal Venezia, che a suon di goal si è ritagliato uno spazio importante nella serie cadetta.

Ma torniamo indietro e partiamo dai dilettanti, dove Riccardo inizia a tirare per la prima volta i calci al pallone: “Iniziò tutto nel Venexia, squadra vicino a casa che purtroppo oggi è scomparsa. Ero un esterno, ma nel campionato sperimentale contro le squadre professionistiche, con la maglia del Favaro, mister Trevisanello mi disse: “Vedi molto la porta, ti metterei davanti”. Fu la giusta mossa perché quell’anno fui notato dal Treviso che l’anno successivo mi tesserò. Nei biancoazzurri trovai due allenatori, Soncin e Bosi, che ringrazio ancora oggi per quello che mi hanno insegnato. Feci nuovamente molto bene, tanto che fui acquistato dall’Inter. Mi lasciarono ancora sei mesi in prestito e collezionai quattro presenze in B con il club veneto.”

Un giovanissimo Bocalon arrivò in maglia neroazzurra nel 2008, avendo anche la fortuna di allenarsi con la squadra di Mourinho, che due anni dopo avrebbe centrato il “triplete”: “Feci la mia stagione con la Primavera, ma ebbi comunque la fortuna di allenarmi con la prima squadra quando mancavano i nazionali. Sono sempre stato un tifoso dell’Inter e per me quello era il coronamento di un sogno. Diversamente da come può sembrare, Mourinho è una persona molto umile, conosceva tutti i componenti della primavera e le loro caratteristiche, era una cosa che non mi sarei mai aspettato da un tecnico già titolato come lui. Erano allenamenti molto tosti e intensi, ricordo che nella partitella mi marcava Samuel, mi braccava come se fossi l’attaccante più forte del pianeta. E’ stata certamente una cosa costruttiva per me, specialmente a fine allenamento quando calciai in porta con attaccanti del calibro di Crespo e Cruz.”

L’esperienza con il club milanese dura una sola stagione, tanto che il natio di Venezia inizia a girare per diversi anni in prestito: “La prima esperienza fu nel Portogruaro in C1. Eravamo una squadra che doveva salvarsi e invece il grande gruppo che si formò riuscì a conquistare il campionato. Era l’ultima di campionato, in un punto c’eravamo noi, Hellas Verona e Pescara. Ci giocavamo lo scontro diretto con i gialloblù all’ultima giornata, a poco dal fine pareggiavamo ancora, mentre gli abruzzesi erano in vantaggio. Riuscii a fare uno dei goal più belli della mia carriera in sforbiciata, quella rete ci valse la serie cadetta. In B trovai poca continuità, tanto che nella seconda parte della stagione vestii la maglia del Viareggio. Ci salvammo ai playout contro il Cosenza grazie ad una mia tripletta. Arrivarono poi in sequenza i passaggi nella Cremonese, nel Carpi e nel Sudtirol. E’ proprio in Trentino che ebbi il mio primo vero infortunio: mi ruppi il malleolo peroneale, che mi tenne lontano dal campo per un po’. Nella seconda parte di stagione decisi quindi di tornare a casa, a Venezia, per ritrovare continuità nonostante fosse una categoria più bassa. I primi sei mesi andarono al meglio, feci una doppietta contro il Monza in finale playoff e salimmo di C1. L’anno successivo realizzai 17 reti, pensai di poter fare il salto di qualità, invece feci ancora un anno di prestito al Prato. Con i toscani realizzai altri 16 goal, questa volta però qualcuno bussò alla porta dell’Inter.”

Ad acquistare l’attaccante veneto fu l’Alessandria, in cui il classe 1989 esplode definitivamente: “Con la maglia dei grigi furono due stagioni magiche. Il primo anno fummo eliminati dal Foggia ai playoff, ma scrivemmo una pagina importante della storia del club raggiungendo la semifinale di Coppa Italia. Fu allo stesso momento un momento magico per me, perché sia il goal nei supplementari contro il Genoa negli ottavi, che i due goal che ribaltarono la sfida contro lo Spezia ai quarti c’è la mia firma. Dopo l’eliminazione contro il Milan tornati in città fummo accolti come degli eroi, fu davvero una bella emozione. L’anno successivo ci mangiammo noi il campionato, vinse la Cremonese del mio attuale allenatore Tesser, e perdemmo la finale playoff contro il Parma. Fu certamente una grande delusione, ma allo stesso tempo a livello realizzativo fu la mia migliore annata, condita dal titolo di capocannoniere del campionato.”

I 39 goal realizzati nelle stagioni in Piemonte non passarono inosservati, tanto che ad acquistare Bocalon fu la Salernitana del Presidente Lotito: “Dopo tanti anni tornai in Serie B, in una delle piazze più belle del calcio italiano. Ricordo con grande affetto quella città e la magia dello stadio “Arechi”, io e mia moglie partimmo con le lacrime agli occhi quando mi trasferii per la seconda volta nella mia carriera a Venezia. Nella prima stagione in Veneto fummo costretti a giocarci i playout proprio contro la Salernitana e, nonostante la sconfitta nel doppio confronto, fummo poi ripescati a causa del fallimento del Palermo.”

Nella stagione ancora in corso Bocalon passa nel mercato invernale al Pordenone: “Dopo sei mesi con il Venezia passo in prestito, con diritto di riscatto, al Pordenone. Ho trovato una grande famiglia, con un centro sportivo all’avanguardia e una voglia di fare pazzesca. Avevo iniziato questa nuova avventura al meglio, ora non ci resta che aspettare che tutto vada per il meglio per poter tornare in campo nella massima sicurezza possibile.”

Ma nella vita di Riccardo c’è sempre stata una persona che ha reso le difficoltà meno insormontabili: “Non posso non citare mia moglie Barbara che in questi 12 anni di carriera mi ha seguito ovunque. Avere una persona come lei che ti supporta e sopporta in ogni momento, è stato molto importante per me.”