Esclusiva IG, Andy Van Der Meyde: "Il mio Ajax forte come pochi, all'Inter affetto incredibile. Zlatan? Sapevamo tutti fosse un fenomeno"

Le dirette Instagram sono un mezzo tramite il quale regalare passione e leggerezza durante il Coronavirus, quel trauma che sta vivendo tutta Europa, come noto, nel corso di queste settimane. E così tanti calciatori si raccontano nel corso delle nostre dirette, in particolari tanti ex calciatori di alto livello.

Ieri diretta sul profilo Instagram di Simone Dell'Uomo con Andy Van Der Meyde, esterno dell'Ajax e mai dimenticato dai tifosi nerazzurri per l'esperienza all'Inter. Poi la parabola discendente, all'Everton, in un'Inghilterra che probabilmente non ha mai sentito sua: tanti problemi extracalcistici, folle, tra alcool e vita sregolata all'esterno del mero rettangolo di gioco. Andy s'è raccontato in esclusiva "ai nostri microfoni", ripercorrendo gli highlights più luminosi della sua carriera.

Andy, uno dei primi esterni a rientrare da sinistra col destro a giro nel terzo millennio, classe pure e l'esultanza col cecchino, appartenente ad un calcio che non c'è spazio. Il cecchino di Arnhem, perla di una squadra piena di campioni, un'Ajax ai tempi fucina impressionante di talenti, ancor più di oggi, l'Ajax dei primi anni 2000: Andy, Van Der Vaart, Snejider, Ibrahimovic, Mido, Chivu, Grigera, De Jong, Pasanen e tanti altri che avrebbero fatto eccome carriera. 

AMICO ZLATAN "Si vedeva già che Zlatan aveva qualcosa in più. E pensate che la sua esperienza all'Ajax non iniziò nel migliore dei modi, qualche atteggiamento sbagliato e diverse prestazioni incolori, i tifosi lo fischiavano. Poi uscì alla grande: sapevamo sarebbe diventato uno dei più forti, e così fu".

AJAX "Fino al 2002 giocavo a destra. Poi venne Koeman che mi chiese di giocare a sinistra. Risposi: "Cosa?1". Non avevo mai giocato lì prima, pensavo fosse pazzo. Invece andò bene, inizia a segnare anche più gol. I tifosi mi amavamo, eravano una grande squadra, si poteva sognare qualcosa in più. Nel 2003 arrivammo persino ai quarti di Champions sfiorando la semifinale per un paio di minuti (San Siro, Inzaghi-Tomasson)".

INTER "Il trasferimento all'Inter? Beh a dire la verità non volevo andare, non per i nerazzurri, ma perchè non volevo lasciare l'Ajax. Mi sentivo al top della condizione, ma Moratti offrì tanti soldi al club e la società stessa mi costrinse ad andare, dicendomi chiaramente come quella nerazzurra fosse un'offerta irrinunciabile e che anche io sarei andato a guadagnare un sacco di soldi. E così fu. Mantengo ancora splendidi ricordi. Il primo anno andò bene: cercavano un esterno per un semplice 442, avrei dovuto mettere cross per Vieri, e così fu. Con Mancini giocavo di meno, così decisi di cambiare aria".

EVERTON "In Inghilterra stadi pieni, la gente a Liverpool vive solo per il calcio. Calcio e birra, quello il loro segreto. L'Everton era una buona squadra, Arteta era già super, pure Cahill era determinante. Ebbi problemi che tutti sapete, Moyes non mi parlava, con lui freddo e scozzese il rapporto non decollò mai. Secondo me tecnico sopravvalutato, al Man United l'hanno mandato via dopo una sola misera stagione".

CLASSE "I gol più importanti? Beh, quello di Roma con l'Ajax, in uno stadio pieno contro una squadra piena di grandi campioni come Totti e Cassano. Ma pure quello di Highbury: gran gol al volo, battemmo un Arsenal fortissimo, fu una notte incredibile, al ritorno trovai persino dei tifosi nerazzurri sotto casa che volevano fare festa insieme a me".

KLUIVERT "Conosco molto bene Justin. Può senz'altro rappresentare il futuro della nazionale olandese. Messaggiamo spesso, mi aggiorna, mi spiega come va a Roma. Sai Roma è una grande piazza, un grande club, al primo anno non è semplice, devi adattarti ad un tipo di calcio differente. In Olanda ci aspettavamo tutti rimanesse un altro anno all'Ajax per esplodere definitivamente, invece è stato coraggioso ed è andato subito all'estero, senza aspettare. Ora sta raccogliendo i suoi frutti: sono felicissimo, gli voglio bene".