Semplicemente Lorenzo Insigne

Riservare aspettative troppo elevate ad un calciatore al giorno d’oggi è diventata una pessima abitudine. Spesso si compiono paragoni non proporzionati, non fondati e senza alcun motivo, o meglio, con lo scopo di individuare un punto di riferimento da esaltare senza limiti nel momento in cui le cose vanno bene, e da “demolire” quando invece si ha a che fare con una stagione non positiva individuale o di squadra. Tralasciando le nuove dinamiche del calcio odierno e mettendo da parte questo discorso, soffermiamoci un attimo, e ragioniamo in maniera lucida e obiettiva.

Lorenzo Insigne ha ieri detto sì al Toronto: dal prossimo luglio si trasferirà in Canada dove percepirà ben 11.5 milioni per cinque stagioni e mezza, più 4.5 milioni di bonus legati a gol e assist. Insomma, offerte da capogiro. È chiaro che è un tema strettamente legato, ma non vogliamo entrare nel merito della decisione dell’attuale capitano del Napoli. Anche perché apriremmo scenari dalla quantità considerevole, complicati e ardui da affrontare e sviscerare. Ci preme, però, soffermarci sul valore del 24, e su quanto proposto in carriera fino adesso.

Riagganciandoci alla premessa iniziale, l’errore più grandi compiuto nei confronti di Insigne, è stato quello di paragonarlo a qualcosa che non era, ma non solo. Sull’altro versante, un altro errore è stato quello di descriverlo come un mezzo giocatore quando magari, per varie motivazioni, non riusciva ad incidere. Mettiamo subito in chiaro una cosa: Insigne non si può paragonare ai grandi 10 del calcio italiano:  Totti, Baggio e Del Piero (rimanendo nel periodo recente). Aspettative ingiuste ed esagerate hanno portato a chiedere ad un giocatore, comunque ottimo, più di quanto poteva dimostrare. Possiamo anche essere d’accordo sul fatto che potesse fare un qualcosa di più, ma fino a un certo punto. I fischi ricevuti, la discontinuità o comunque il non aver avuto la capacità di trovare - a volte - una propria dimensione, il non essere diventato un punto di riferimento a tutti gli effetti all’interno del Napoli, sono aspetti già noti. Insigne, tracciando un bilancio fino a questo momento, è stata un’ottima pedina, capace di dare un contributo prezioso, in alcune occasioni anche eccelso. Per questioni tecniche prima, e caratteriali poi, non si è inserito nella prima fascia dei calciatori più forti. E questo è bene sottolinearlo. Stiamo parlando senza dubbio di un calciatore talentoso dotato di giocate sublimi, ma non da raggiungere il livello di alcune personalità menzionate in precedenza. Probabilmente non avrà avuto comportamenti adeguati in alcune occasioni, o comunque caratterialmente non è stato in grado di ruggire quando ne aveva bisogno, è importante però non fare confusione cadendo nella retorica della seguente frase: “Se avesse avuto una testa diversa, sarebbe diventato un campione”. Non è così, non tutti sono baciati da madre natura calcisticamente parlando in maniera magica. È chiaro poi che senza il duro lavoro ed un carattere forte non sono possibili grandi imprese.

Appurati questi punti, non va comunque sminuito quanto fatto da Insigne in carriera. Innanzitutto  può vantare la vittoria di un Europeo con la Nazionale, competizione paragonabile alla Champions League e seconda solo al Mondiale dal punto di vista emotivo e non solo. Tante leggende non sono riuscite a raggiungere traguardi così ambiti. Insigne lo ha fatto giocando titolare, siglando una rete decisiva e meravigliosa al Belgio, una delle squadre più forti col suo marchio di fabbrica, il tiro a giro. È stato il calciatore di maggior qualità nell’Italia di Mancini, il numero dieci. Insigne già per questo è entrato nella storia, e lo ha fatto divenendo uno dei protagonisti della Nazionale. Fondamentale anche nel permettere il cambio modulo al nostro ct, considerando anche le problematiche riscontrare con le prime punte. Si è infatti adoperato come falso nueve, non portando a casa proprio risultati brillanti, ma permettendo comunque a gente come Chiesa, Berardi e anche Bernardeschi di poter esprimere incursioni e accelerazioni. Adesso avrà l’opportunità di entrare ancor di più nella storia con i complicatissimi play off e - ce lo auguriamo tutti - il successivo Mondiale in Qatar. Quello che è mancato è stato il grande trionfo col Napoli, più specificatamente lo Scudetto. È vero che i grandi protagonisti in quegli anni alla guida di Sarri sono stati Higuain prima e Mertens poi - quest’ultimo forse più amato dai tifosi azzurri rispetto a Lorenzo - ma è altrettanto vero che è comunque stata una pedina fondamentale e importante, solo a tratti essenziale. Ha conquistato titoli come la Coppa Italia e la Supercoppa italiana, rivelandosi decisivo in match dalla posta in palio considerevole, dicendo la sua nelle grandi sfide di Champions League, anche contro le big del calcio europeo. Ribadiamo: non entriamo nel merito della sua scelta, se sia giusta o meno, perché non siamo noi che dobbiamo giudicare, e possiamo pure stare qui a discutere su quanto meglio potesse fare Insigne. Il messaggio che volevamo far passare è che le cose vanno viste in maniera distaccata e lucida, per quelle che sono e non per quello che potevano essere, per via magari di alcuni tasselli esaltati, eccedendo i reali valori. Lorenzo Insigne non è stato e non è Totti o Del Piero, ma è semplicemente Lorenzo Insigne.